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Abbiamo il senso del futuro?

Per migliorare la redditività del punto vendita occorre operare principalmente su due leve: ridurre i magazzini e aumentare il valore del sell out. Da qui l’importanza di fare del 2019 l’anno della presbiopia e delle progressive.

Il valore si trova quasi esclusivamente nel reparto oftalmico, quindi bisogna proporre lenti dinamiche e progressive, complete di trattamenti di alta qualità, perché migliorano la qualità di vita dei clienti. Del resto gli esperti ricordano che nel 2050 metà della popolazione del pianeta, circa cinque miliardi di persone, sarà miope e che, nell’arco di un’unica generazione, in tutto il mondo, raddoppierà il numero di coloro che diventeranno miopi durante l’infanzia.

La causa principale sarebbe la riduzione del tempo che si passa all’aperto. Inoltre la miopia e la presbiopia dovuta all’invecchiamento sono considerate tra le cause di vari problemi, come gli incidenti stradali, gli scarsi risultati a scuola degli studenti, la bassa produttività nei luoghi di lavoro. Queste notizie fanno riflettere e confermano che i cambiamenti delle abitudini di vita sono ormai parte della nostra quotidianità. Questi cambiamenti possono tuttavia essere visti dall’ottico come una grande opportunità di lavoro.

Lo conferma l’apparizione di nuovi protagonisti nel retail: la neonata EssilorLuxottica, Salmoiraghi & Viganò controllata da Luxottica, le aperture in Italia della tedesca Fielmann, il consolidamento di GrandVision. È un mercato in crescita dove i grandi non possono mancare.

Le lenti dinamiche e progressive sono state create per soddisfare le nuove necessità di noi tutti che utilizziamo quasi esclusivamente dispositivi digitali mentre siamo in movimento e sempre meno leggiamo libri e giornali in modo statico.

Gli strumenti di ultima generazione proposti dalle aziende di oftalmica, adottati durante la vendita, aiutano a creare valore facilitando la proposta di questo tipo di lenti su cui sono disponibili trattamenti innovativi finalizzati al benessere visivo, come ad esempio la protezione dai raggi UV e dalla luce blu nociva e il miglioramento della visione notturna. Quotidianamente l’ottico deve creare un’offerta di valore, perché solo educando i propri clienti e proponendo i prodotti migliori avrà la loro soddisfazione e si distinguerà dai concorrenti. Suggerire una lente dinamica a un giovane presbite significa prepararlo ad accogliere una lente progressiva quando sarà il momento.

Se continuerete a vendere monofocali o premontati per timore di essere troppo costosi, farete solo il gioco dei concorrenti, peggiorando il vostro conto economico.

Quali saranno gli ottici indipendenti che riusciranno ad aumentare il valore delle proprie vendite?

Saranno quelli che sapranno innovarsi, che vorranno risultare diversi dagli altri, offrendo nuovi prodotti e servizi pensati per soddisfare i reali bisogni dei clienti. Saranno quelli che sapranno usare efficacemente la comunicazione e che formeranno i propri collaboratori affinché raccolgano utili informazioni e non solo dei dati, indispensabili per confezionare la migliore proposta di acquisto. Saranno quelli che investiranno in tecnologia. L’ottico vincente sarà quello in grado di redigere il budget di vendita considerando sia la logica (big data) sia le intuizioni (small data) dei propri clienti.

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Ingvar Kamprad, fondatore di Ikea, fu trovato, dal giornalista che doveva intervistarlo, alla cassa di uno dei propri negozi e non in ufficio: gli spiegò che era importante guardare in faccia i clienti mentre pagavano e vedere se fossero soddisfatti degli acquisti effettuati e felici di ciò che portavano a casa.

Questa immagine rappresenta il concetto di valore nel senso più ampio. Il successo imprenditoriale del “signor Ikea “è indiscusso e una maggiore e costante attenzione alla felicità e soddisfazione dei nostri clienti deve far parte del nuovo modo di vendere. Copiare chi fa meglio di noi è assolutamente lecito, parola di Philip Kotler, il grande guru del marketing, che anche nei mesi scorsi è venuto in Italia a tenere alcune lezioni. Ricordando che, come scrive Umberto Eco, “quello che manca in Italia è il senso del futuro”.

[articolo apparso su B2Eyes Magazine 2/2019]

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Digital signage, una rivoluzione per il centro ottico?

Il punto vendita, oggi, è chiamato a rispondere a una serie di sfide importanti, prima fra tutte il confronto con le piattaforme di e-commerce (Amazon su tutti), che hanno dalla loro parte molti vantaggi: un’offerta pressoché infinita, costi di gestione e allestimento molto più bassi, una capillarità e un raggio d’azione virtualmente globale.

Come già altre volte abbiamo evidenziato, in Italia, e non solo, i punti vendita fisici continuano a vincere (se non stravincere) rispetto al digitale: il 90% degli acquisti viene ancora fatto di persona. L’online si pone come una vetrina fondamentale per il commercio in store, ma ad oggi è una fonte principalmente informativa, perché il consumatore vuole ancora toccare con mano il prodotto prima di acquistarlo, vuole vivere in prima persona l’esperienza di acquisto, lasciandosi trasportare dall’immaginario che i brand sono in grado di suscitare.

Ecco perché i Top Brand stanno trasformando i negozi fisici in modo da aggiungere valore e significato e, allo stesso tempo, stanno creando sinergie sempre più strette tra online e offline. La parola d’ordine è “integrazione”, in nome dell’esperienza sempre più unica ed esclusiva che si deve far vivere al cliente. La tecnologia digitale, infatti, collabora a moltiplicare le possibilità del marketing. E parlando di tecnologia digitale all’interno del punto vendita, tra le altre cose, facciamo riferimento al cosiddetto digital signage ossia quella forma di comunicazione di prossimità sul punto vendita, i cui contenuti vengono mostrati ai destinatari attraverso schermi elettronici o videoproiettori, con opportunità di interazione.

Informare, intrattenere, stupire i clienti con l’efficacia e la semplicità delle immagini, creando al tempo stesso un layout moderno, che si rinnova ogni giorno al semplice tocco di un dito, e offrendo nuovi servizi e nuove modalità di engagement con il negozio. I video wall, infatti, non devono essere pensati per supportare solo attività promozionali, come sconti, saldi, offerte, spot video del negozio. Le possibilità sono infinite. Devono anche sapere assolvere altre funzioni, quali:

  • Informare: fornire in maniera testuale o con video, informazioni sui prodotti, sui servizi che offre il punto vendita, su temi legati al nostro core business e così via.
  • Educare: programmare video corsi o conferenze e lezioni di ogni genere.
  • Persuadere: creando una segnaletica digitale che orienti il cliente verso differenti aree del punto vendita, aumentandone il tempo di permanenza o influenzandone il processo d’acquisto. In una sola frase, veicolare la fidelizzazione del cliente.
  • Raccontare: la storia del marchio, quella della nostra attività, del contesto in cui è inserita, delle persone che la animano tutti i giorni, ecc.

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Secondo un’indagine della multinazionale Ipsos, il 70% dei consumatori è influenzato dai digital media durante l’atto d’acquisto. Gli analisti hanno rilevato come il 70% degli shopper all’interno di un punto vendita sia attratto dagli schermi e dai display attivi al punto che il 50% di loro ricorda i prodotti o le marche presentati sugli schermi digitali.

Le ricerche hanno anche evidenziato il ritorno dell’investimento: da un’indagine condotta dal PRI (Platt Retail Institute) risulta che l’utilizzo di display e contenuti multimediali nel punto vendita aumenta mediamente lo scontrino medio fino al 10-15%.

Questo significa che, con una corretta strategia, le parole e le immagini conquistano la nostra attenzione e ci inducono all’azione ed è quindi naturale portare questa innovazione anche all’interno del punto vendita ottico, là dove il nostro potenziale cliente può trasformarsi in un reale, unico e prezioso cliente, là dove viene preso il 70% della decisione d’acquisto.

 

 

[articolo apparso su B2Eyes Magazine 9/2018]

 

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Il valore del business nell’era digitale? Questione di recettori

In questi anni di intenso lavoro sul punto vendita, siamo arrivate alla conclusione, che più spesso ricordiamo, che il centro ottico del futuro sarà quello che meglio saprà interpretare le esigenze della propria clientela, perché non solo ha imparato a conoscerla personalmente – studiando i suoi gusti, approfondendo i bisogni, ma l’ha anche osservata da una prospettiva più lontana, grazie ai dati che essa ha prodotto (e ci ha donato) attraverso i suoi acquisti. La raccolta del dato, infatti, e la qualità dello stesso, deve essere un obiettivo da perseguire per ottenere un database utilizzabile ai fini del post vendita e della conoscenza della propria clientela per attività di marketing e comunicazione. Conoscere la propria clientela è indispensabile per indirizzare gli acquisti di merce, definire il posizionamento del negozio, comunicare nel modo più appropriato.

Non solo ne parliamo, lavoriamo abitualmente con i dati per suggerire ai nostri clienti le soluzioni più adatte al loro business; e nulla sarebbe possibile se la tecnologia non facilitasse questo processo, non ci aiutasse a spostare sempre un po’ più là l’asticella del traguardo che ci siamo prefissate. I dati sono importanti se qualcuno reputa importante leggerli, i dati ci parlano se dai dati cerchiamo un’interazione, una risposta su come sta andando il nostro business e dove vorremmo portarlo.

Così, qualche mese fa, leggendo un articolo molto interessante sul marketing del retail scritto da Gianluca Diegoli, docente e consulente di e-commerce, multichannel e digital marketing, pubblicato sul suo sito minimarketing (oggi uno dei blog di settore più letti) dal titolo “I recettori e i dati sono il prodotto del futuro”, abbiamo definitivamente colto l’importanza di questo tema, che non solo sta interessando il nostro settore, ma da tempo condiziona il panorama del retail in generale, soprattutto di quello strettamente connesso al digitale.

Diegoli, rifacendosi a uno studio di Scott Galloway, docente di Marketing alla NYU Stern School of Business, afferma che

il valore di un business nell’era digitale è dato semplicemente dal numero di recettori per la possibilità di elaborare i dati raccolti tramite essi, efficacemente. La crescita di fatturato, la brand awareness, la valutazione di mercato, tutto concorda nel supportare l’ipotesi. I recettori sono semplicemente momenti in cui il prodotto, tramite l’uso effettivo da parte dell’utilizzatore, può essere tracciato, misurato, e l’informazione effettivamente messa a disposizione del marketing.

Questo significa che non serve più chiedere al nostro cliente cosa vorrebbe o come vorrebbe personalizzare il prodotto che noi offriamo: è superato. Quello che dobbiamo fare oggi è offrire un prodotto o un servizio in linea con i bisogni e i desideri del nostro cliente, perché lo conosciamo davvero, l’abbiamo studiato, abbiamo tratto un insegnamento prezioso da tutte le informazioni che ci ha generosamente lasciato durante i suoi acquisti.

Più un brand è avanti nella trasformazione digitale, più il prodotto è connesso, più i recettori sono relativamente semplici da mettere in piedi e più i dati si ammassano in enormi volumi. E più i volumi aumentano, più il dato diventa perfetto e ineludibile.

E il mobile che ruolo gioca in questo scenario?

Il mobile è acceleratore di recettori ancora più potente – localizzazione, social graph, orario di uso, collegamento con la storia del cliente, ecc. La meraviglia per la playlist personalizzata della settimana di Spotify è quello che le persone si aspetteranno domani da qualsiasi business. Come fa a sapere i miei gusti Spotify? Ovviamente lo sa perché sa quello che ascolto. Ricettori. Perché permetto a Spotify di farsi gli affari miei? Per la meraviglia della playlist della settimana. L’algoritmo vince sempre.

Conclude così:

Chi continua a fare business basandosi su impressioni personali o sul parere di colui con lo stipendio più elevato nella stanza, non farà tanta strada, contro gli algoritmi e il loop prodotto-dato-prodotto dei vincenti”.

E noi non possiamo che essere d’accordo.

[articolo apparso su B2Eyes Magazine 03/2017]

Yellow chalk check mark on green board

La ricetta per il centro ottico vincente: imprenditore, collaboratori e clienti insieme, per soddisfare i bisogni di tutti

Alla fine di ottobre abbiamo avuto l’opportunità di partecipare a due importanti appuntamenti per il nostro settore: il primo a Catania, Expo Ottica Sud – il salone mediterraneo specializzato per il settore professionale dell’ottica e dell’optometria – e il secondo a Roma, Design Your, un evento generato da ottici per favorire il dialogo fra i professionisti del settore, con le aziende, con le associazioni, con le istituzioni.

Entrambe le occasioni sono state per noi di fondamentale importanza; da un lato, abbiamo stimolato un confronto con un pubblico di professionisti del settore: imprenditori, optometristi, tecnici, ma anche consulenti, store manager e fornitori. Dal tema della recente introduzione della normativa relativa alla tessera sanitaria alla gestione consapevole ed efficace del proprio punto vendita (analisi dei costi; controllo di gestione; studio, analisi e utilizzo dei dati raccolti; campagne marketing e comunicazione digitale). Dall’altro, i due appuntamenti sono soprattutto serviti a noi per fare il punto su quanto abbiamo fatto in questo lungo anno che, oramai, sta volgendo al termine.

Il punto di partenza è sempre il pdv: fare consulenza in questo settore significa anzitutto viverlo; solo frequentando assiduamente il punto vendita è possibile, a nostro avviso, coglierne le criticità, ma anche le innumerevoli opportunità.

Il controllo di gestione, l’analisi dei costi, la gestione di tutte le informazioni che provengono dal pdv (quindi la sua comunicazione on e offline) effettuati in questi anni presso i nostri clienti ci hanno permesso di capire e quindi definire alcune, importantissime, caratteristiche che il negozio di ottica vincente deve possedere. Le potremmo riassumere così:

  • qualità, ossia serietà verso il cliente, trasparenza dei comportamenti all’interno del negozio durante lo svolgimento della propria professione, qualità reale e riscontrabile in ogni momento e su ogni aspetto;
  • impegno, cioè il prodigarsi dell’imprenditore affinché ogni componente (risorse materiali, immateriali, umane) sia in armonia e arrivi un messaggio coerente al cliente finale;
  • programmazione, quindi conoscenza della propria attività. Dalla conoscenza si arriva alla previsione (budget), che significa impegno nel raggiungimento di obiettivi comuni, condivisi e raggiungibili. L’obiettivo naturale per un’azienda commerciale è produrre reddito per l’imprenditore, ma anche per i suoi collaboratori, così da creare benessere e sicurezza nell’ambiente di lavoro.

Come si arriva a tutto questo?

L’imprenditore deve conoscere il proprio business in ogni sua sfumatura: deve conoscere l’origine dei suoi ricavi, dove si generano i costi, come essere un professionista serio in sala di refrazione, come essere dunque un imprenditore a 360 gradi. La fragilità principale dell’impresa ottica oggi è data proprio dall’improvvisazione.

L’impresa virtuosa, al contrario, ha alcune caratteristiche ben precise: una squadra affiatata; lo studio di un progetto coerente e della sua realizzazione in tempi medi e non brevi, perché i cambiamenti necessitano di tempo per andare a regime; un progetto di formazione per il personale; l’utilizzo corretto di uno strumento gestionale all’interno del pdv; una comunicazione attenta e coerente, sia dentro che fuori il negozio; un nuovo rapporto con i fornitori, intesi anche come partner dell’azienda, che con l’azienda condividano mission e vision; infine, il ritorno alla centralità del cliente.

L’ultimo punto, forse il più importante, prevede uno sforzo ulteriore. Non basta comprendere le sue esigenze, offrirgli servizi in linea con i suoi bisogni e prodotti di qualità o instaurare un contatto personale con i clienti più importanti. Bisogna, altresì, realizzare e personalizzare campagne e offerte, comunicare i valori aziendali ai consumatori finali – anche grazie all’utilizzo dei social media e del vostro sito web – definire, una volta per tutte, la propria identità, unica nel mercato.

Perché tutto questo?

Sia perché il mercato sta evolvendo in continuazione e, se vogliamo continuare ad esserci, dobbiamo necessariamente trovare soluzioni vincenti per l’adattamento; un po’ perché – e qui vi lasciamo con una domanda provocatoria – vi chiediamo, se fidelizzato, quanto “vale” un cliente?

[articolo apparso su B2Eyes Magazine 9/2016]

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“Con il social alzo il volume delle mie idee”: l’intervista a Nico Caradonna

Più volte, anche su questo blog, ho affrontato molti dei temi oggi più dibattuti nell’ottica: assortimento dei prodotti, comunicazione efficace e marketing digitale, rotazione del magazzino, scontrino medio, controllo di gestione, personal branding, ad esempio. Ho altresì raccontato casi concreti di imprenditori a me vicini e colto dalle loro esperienze spunti preziosi per il mio lavoro di consulenza, oltre che di dibattito attraverso la rubrica Strategie d’impresa di B2Eyes Magazine.

Nell’ultimo articolo apparso sul famoso mensile di ottica, ho unito i due aspetti grazie anche al coinvolgimento di un imprenditore e di un collega, Nico Caradonna, ottico e storyteller appassionato, che come me cerca di guardare al presente con sguardo pragmatico e ottimista e qui racconta la sua esperienza, i suoi punti di vista, le sue scelte circa un tema che sempre più deve essere considerato strategico e non solo “di moda”: la comunicazione e il marketing digitale.

Vi riporto qui di seguito l’intervista che ho realizzato anche grazie al supporto di Letizia Melchiorre, mia collaboratrice in campo web marketing.

Oggi se ne sente parlare ma spesso non si comprende come un mestiere come il vostro, fatto di relazione con i clienti e di rapporti di fiducia, possa fare riferimento a un canale così mediato come i social o il sito web.

E’ scontato ormai dire che i social siano utili e che la comunicazione più efficace passa dal digitale, ma è ancor più importante sottolineate che attraverso questi strumenti è possibile captare i bisogni dei consumatori per operare di conseguenza. Il social da visibilità a noi ottici come a tutti i professionisti ma questo non basta per comprendere le reali potenzialità del digitale. La scommessa di questo presente è capire cosa si aspetta la gente tramite questi canali, cosa realmente cerca in questi ambienti virtuali. E’ qui che oggi si fa la differenza. Non basta esser presenti su un social con una serie di pubblicazioni per fare bene. Il mio obiettivo sin da quando son partito è stato quello di “ascoltare” la rete e in particolare il mio network. L’ho fatto inizialmente col blog per poi estendere l’ascolto attraverso i canali social e in ultimo con la rubrica video dell’OtticoDelWeb. La prima risorsa resta quello che la gente (o potenziale cliente) ci dice attraverso questi strumenti di dialogo.

In che misura la definizione di obiettivi di business chiari e concreti deve dialogare con le strategie attuate sui social? Come definisci i tuoi obiettivi di marketing? E come, se lo fai, li misuri?

Quanto più gli obiettivi sono chiari, più la strategia porta a dei risultati. Tutto vero. Nella mia esperienza però ho potuto apprezzare come proprio i canali digitali aiutano i progetti ad evolversi, spesso in in maniera non prevista, con evoluzioni non pianificate a monte ma estremamente proficue. Un esempio concreto è la mia ormai avviata collaborazione col Silmo di Parigi. A settembre sarò nella capitale francese in qualità di partner ufficiale dell’evento Silmo, per sviluppare un’attività di storytelling inedita. Racconterò questo evento dal punto di vista di un ottico italiano, l’#OtticoDelWeb, attraverso il blog (www.otticodelweb.it) ed i miei canali Facebook e Instagram.

I progetti online, soprattutto quelli dove gli utenti vengono chiamati ad esprimere un parere, hanno la capacità di sorprenderci con risultati imprevedibili. Il mio punto forza probabilmente è stato quello di credere in un sogno: volevo elevare il ruolo dell’ottico che da mero commerciante è diventato un esteta, un professionista del campo dell’ottica, in grado di fornire un servizio ad alto valore aggiunto. E’ chiaro che il mio obiettivo era chiaro e definito nella mia testa, sin dall’inizio. Nel mio piccolo, fra le mura della mia realtà, ho cercato di comunicare questo e l’ho fatto attraverso l’arte, il design, il gusto, segnando di fatto un nuovo approccio al cliente. Il blog ed i social network mi hanno aiutato ad emergere e a far conoscere il mio pensiero. Come spesso dico ai miei colleghi, il social mi ha aiutato ad “alzare il volume delle mie idee”.

Accanto all’obiettivo di rinnovamento e di posizionamento della mia realtà imprenditoriale ho voluto misurare i risultati. Questo è un dettaglio estremamente importante per capire l’efficacia di una strategia. In questa prima fase di lavoro che è durata tre anni ho potuto utilizzare dei parametri di misurazione basati sulla conversione dei clienti, ovvero ho valutato quante persone sono state coinvolte nelle mie iniziative e quante ho convertito in clienti. I risultati sono stati ottimi, tanto da consentirmi di cambiare strategia passando ad una fase successiva, quella di consolidamento del risultato ottenuto. Il progetto OtticoDelWeb si svilupperà nei prossimi mesi in funzione di questo obiettivo. Ovviamente il lavoro di posizionamento continuerà (e non cesserà mai) perchè solo in questa maniera è possibile differenziarsi nel mercato moderno.

Importante è la cultura d’impresa: se tutti siamo consapevoli del potenziale che una nostra attività genera, più facilmente questa sarà di successo. Che ruolo gioca la partecipazione di tutto lo staff nella messa a punto della comunicazione, anche digitale?

Lo staff è fondamentale. Avere una voce comune online/offline, dentro e fuori il negozio è un elemento di fondamentale importanza per la riconoscibilità del brand Caradonna. Negli ultimi anni ho lavorato parallelamente con la formazione dei miei collaboratori storici e la ricerca dei nuovi. Non ho mai preteso abilità da chi era portato per fare alcune cose e non altre, ma ho sempre cercato di collocare le persone nella giusta posizione operativa. Il mio negozio ha 20 anni di attività alle spalle e con i collaboratori storici non ho potuto affrontare argomenti specifici che riguardano la comunicazione digitale, per questo ho dovuto cercare nuove collaborazioni specifiche. Chiaramente tutti siamo allineati sugli stessi obiettivima ognuno sviluppa il suo ruolo in modalità diversa e secondo capacità differenti. Il mio ruolo è quello di garantire ad ognuno la possibilità di avere una visione nitida per focalizzare tutti lo stesso obiettivo. D’altra parte sono un ottico, come potrei non occuparmi della visione della mia azienda?

[articolo apparso su B2Eyes Magazine 7/2016]